Dove sono finiti gli scalpellini? Le cave si sono ricoperte di vegetazione, i vecchi borghi non sono sufficientemente salvaguardati e ristrutturati, i vecchi muri di arenaria crollano”
Alfredo Marchi, Storie di pietre e di scalpellini nel Bolognese
Le tradizioni di utilizzo della pietra arenaria nella zona del medio Reno che comprende i monti Vigese e Montovolo e le loro pendici si tramandano da oltre 700 anni. Vi sono infatti tangibili testimonianze del lavoro dei cosiddetti Maestri Comacini, veri e propri artisti nomadi che dalle valli lombarde hanno lasciato la loro impronta di tagliapietre, scultori e architetti.
Oggi giorno però l’arte dello scalpellino si sta perdendo, i vecchi artigiani non sono più in grado di operare e questa tradizione corre il rischio di sparire per sempre.
È stato per questo che l’Associazione Fulvio Ciancabilla ha pensato di mettere in piedi il Progetto Montovolo.
Partendo dall’interesse suscitato dalle varie iniziative organizzate soprattutto nel territorio grizzanese, e dopo alcuni approfondimenti in varie sedi istituzionali e scientifiche, la nostra Associazione si è impegnata a coordinare un’iniziativa a più ampio respiro che, con l’auspicata collaborazione dell’Unione dei Comuni dell’Appennino Bolognese, dei Comuni di Grizzana Morandi e Camugnano, sta sviluppando varie tematiche legate a Montovolo, alla storia degli scalpellini, all’apertura della scuola a loro ispirata, alla valorizzazione dei territori ex sede di cave, alla geologia, idrogeologia, botanica e paesaggio del complesso Montovolo-Vigese-Rocca di Vigo.
Il Progetto Montovolo si snoda lungo 4 direttrici principali:
- CORSO DI AVVICINAMENTO ALLA SCULTURA IN PIETRA ARENARIA
Il corso mira alla riscoperta e al rilancio dell’antica arte dello scalpellino e della scultura su pietra per contribuire alla ricostruzione di quella rete di artigiani eredi dei Maestri Comacini che nel Medioevo hanno realizzato opere civili e religiose ancora presenti lungo le falde delle nostre montagne.
In questo modo si intende altresì rivalorizzare l’arenaria di Montovolo, così diffusa nel nostro territorio, che può essere validamente usata non solo in edilizia ed architettura, ma anche in espressioni artistiche, grafiche e decorative. - SENTIERI DEGLI SCALPELLINI
Gli scalpellini sono maestri di un’arte antica che ha segnato la storia e lo sviluppo di questo territorio dove per secoli hanno percorso i sentieri che li conducevano a piedi da casa ai loghi del loro faticoso lavoro. Per mantenerne vivo il ricordo intendiamo ripristinare tutti i passaggi fra i boschi e renderli fruibili ai camminatori di oggi.
È già stato elaborato un programma che prevede la riapertura delle antiche vie, andando così ad integrare i pochi sentieri CAI presenti intorno ai monti Vigese, Montovolo, Rocca di Vigo. - RECUPERO DI VECCHIE CAVE A SCOPO DIDATTICO
A integrazione dei Sentieri degli scalpellini è previsto il recupero delle vecchie aree di cava a scopo didattico. Realizzando aree di sosta presso gli ex piazzali di cava attraverso il restauro dei ruderi esistenti (ricoveri e rampa di scarico), il posizionamento di panche per la sosta e l’allestimento di pannelli esplicativi si vuole creare un vero e proprio museo a cielo aperto dove si possa conoscere e comprende in loco la vita della cava e i vari stadi di lavorazione della pregiata arenaria di Montovolo. Si intende così preservare questo prezioso patrimonio storico evitando che, continuando a giacere dimenticato, venga irreparabilmente inghiottito e cancellato dalla vegetazione.
A completamento di questo itinerario didattico/ turistico il progetto prevede pure il recupero di ruderi e macerie di un’antica abitazione di una famiglia di scalpellini così da avere un’esperienza a tutto tondo di quella che è stata fino a diversi decenni fa una delle attività più importanti e prestigiose di questo territorio. - NORMATIVA PER L’UTILIZZO DI MATERIALE ARENACEO DA CROLLO
Un altro problema da risolvere è garantire la pietra da lavorare. Le vecchie cave sono chiuse, le leggi vigenti ne impediscono la riapertura per motivi ambientali.
Abbiamo pertanto proposto di comprendere negli elaborati dei piani in via di elaborazione una innovativa normativa per l’“utilizzo di materiale arenaceo da crollo”.
All’interno dei massicci in argomento, ed anche ai piedi di altri contrafforti arenacei dei comuni limitrofi, sono presenti ampie aree di detriti generate da continue frane di crollo.
Questo materiale potrebbe essere una valida risorsa di materiale di ottima qualità per:
– facilitare i restauri di vecchi fabbricati pubblici e privati,
– favorire lo sviluppo dell’antica arte dello scalpellino,
– garantire il mantenimento dello stile costruttivo tramandato dai maestri comacini.
La nuova normativa, oltre a regolamentarne i prelievi, dovrebbe limitare l’uso di questo prezioso materiale per intervenire in opere riconosciute in sede di autorizzazione urbanistica. Occorre, oltre allo studio giuridico-normativo, effettuare il censimento dei luoghi, la loro cartografazione, stimare la cubatura presente, accordarsi con le proprietà e censire gli operatori che sanno utilizzare al meglio la risorsa.
… un lavoro incredibile fatto con mazzetta che batte su scalpello. Un susseguirsi di battiti che doveva riempire di suono tutta la valle o la città, come una musica che con ritmi diversi faceva sentire a tutti la grandezza del lavoro degli scalpellini e accompagnava la creazione di una nuova opera che potesse dialogare col futuro.
Alfredo Marchi, Storie di pietre e scalpellini nel Bolognese
Montovolo è un massiccio arenaceo che “galleggia” su un letto di argille e che si è formato fra i 13 ed i 20 milioni di anni fa.
La sua arenaria è di due tipi: una di colore grigio e una gialla, meno compatta, più facilmente lavorabile, con caratteristiche che la rendono particolarmente adatta alla realizzazione di manufatti resistenti e non gelivi.
I primi ad utilizzare la pietra di Montovolo furono forse gli Etruschi. Vennero poi, molto più tardi, i Maestri comacini, costruttori, muratori ed artisti lombardi che intorno al 1200/1300 giunsero qui e, utilizzando la pietra locale, realizzarono fabbricati civili e religiosi che ancora oggi portano i loro segni e testimoniano il loro passaggio. Ne sono due esempi la chiesa di Santa Maria, eretta sulla vetta del Montovolo, con la cappella di Santa Caterina poco distante, e il borgo di La Scola, antica Sculca, esempio ben conservato di un agglomerato rurale medioevale.
La montagna sfruttò per secoli le pietre in arenaria direttamente in loco ma, a causa delle difficoltà di trasporto, fino a tutto il XVIII secolo le cave del medio e alto Appennino Bolognese non ebbero alcun sbocco commerciale verso la pianura e verso Bologna, che si procurava il materiale lapideo necessario da altre cave più comode ma di minore qualità.
La situazione cambiò nettamente nel XIX secolo, grazie alla costruzione della strada Porrettana e della ferrovia Bologna-Pistoia, inaugurate rispettivamente nel 1847 e nel 1864, di coseguenza le cave montane vicine a queste direttrici ebbero un notevole sviluppo. Alla manodopera locale si unirono anche scalpellini di altre cave che, attratti dalle nuove possibilità di lavoro e guadagno, si trasferirono in massa alle pendici di Montovolo. In particolare, proveniente da Varignana, arrivò la famiglia Vecchi, imprenditori della pietra, che nel 1881 aprirono qui la loro cava, rimasta attiva fino ai primi anni del 1970.
Oltre alla cava “Casona” dei Vecchi se ne aprirono altre (“Serretto”, “Cambra” e “Orelia”) dalle quali, fra l’800 e il 900, uscirono numerosi lavori di prestigio che ritroviamo in edifici dell’Appennino, di Bologna e di varie città emiliane e toscane.
Nel 1909 per facilitare il trasporto fu persino inaugurata una teleferica (o filovia) che collegava le cave di arenaria con Riola, dove c’era la stazione ferroviaria.
Gli scalpellini di Montovolo lavorarono alla costruzione delle dighe del Brasimone (1906-1911) e di Suviana (1928-1932).
Fra il 1924 e il 1933 trovarono impiego nella costruzione della ferrovia Direttissima Bologna-Firenze dove si fece largo uso di pietre lavorate in arenaria locale.
Lasciarono inoltre la loro firma anche su un’importante opera a livello internazionale, infatti nel 1895 Cesare Cattabriga di Campolo partì con una decina di scalpellini per aprire una cava in Egitto e fornire le pietre di arenaria occorrenti per la costruzione delle chiuse sul Nilo. In breve si arrivò a 70 scalpellini di Campolo emigrati in Egitto dove per 17 anni (dal 1895 al 1912) tagliarono, squadrarono e livellarono le grosse pietre insegnando il mestiere alla gente del luogo.
Tutte queste opere giunte fino a noi non testimoniano solo una grande padronanza e maestria nell’antichissima arte della pietra, ma ci raccontano pure la dura vita della cava fatta di polvere, fatica e pericolo: basta pensare che solo dopo 42 giorni di sciopero nel 1905 gli scalpellini di Montovolo riuscirono ad ottenere una giornata lavorativa di 10 ore.
Oltre alle lunghe marce e i trasferimenti per raggiungere i posti di lavoro erano esposti ai rischi di incidenti per frane, schiacciamento di mani e piedi, senza contare la possibilità di contrarre la silicosi per inalazione delle polveri silicee dell’arenaria.
Notoriamente socialisti e anarchici, durante il fascismo furono perseguitati.
Nel secondo dopoguerra, a causa della concorrenza di cemento e mattone, il lavoro di scalpellino, non più remunerativo, venne progressivamente abbandonato.
Le cave di Montovolo iniziarono a chiudere dagli anni sessanta, ma la pietra continuò ad essere lavorata per merito degli scalpellini rimasti, ormai anziani ma ancora abilissimi.
Con il passare degli anni, però, il loro numero si fece sempre più esiguo e quindi c’era il rischio che un patrimonio artigianale antico di secoli andasse perduto.
Fu così che alla metà degli anni ’90 la Comunità Montana di Vergato (BO) e il comune di Grizzana Morandi (BO) ebbero l’intuizione di mettere in piedi una scuola per formare giovani che, con la guida esperta degli ultimi artigiani ancora in vita, potessero garantire la sopravvivenza di questo lavoro. L’iniziativa però non ebbe un seguito e il tema fu abbandonato.
E’ stato ora ripreso dall’Associazione Ciancabilla con il “Progetto Montovolo” che ha l’obiettivo di trasmettere alle nuove generazioni la capacità e il piacere di lavorare la pietra naturale, perpetuando così una tradizione antichissima.